Se stai ancora trattenendo il TFR dei tuoi dipendenti in azienda, stai perdendo un sacco di soldi

Immagina di avere in azienda una somma che cresce anno dopo anno. Non puoi usarla liberamente, non sai quando ti verrà chiesta indietro e, nel frattempo, sei costretto a rivalutarla seguendo parametri che non dipendono da te.

Questo è il TFR dei tuoi dipendenti quando decidi di trattenerlo in azienda.

Molti imprenditori lo vedono come una riserva interna, un modo per avere liquidità a disposizione. Ma la verità è che il TFR non è un “tesoretto”: è un debito che pesa sulle spalle dell’azienda e che può trasformarsi in una vera e propria zavorra.

Il rischio di liquidità

La prima grande incognita è la liquidità. Nessun imprenditore può sapere con certezza quando un dipendente concluderà il suo percorso lavorativo.
Se è vicino alla pensione si può intuire, ma durante gli anni di carriera non c’è alcuna garanzia: le dimissioni possono arrivare in qualsiasi momento. Questo significa che l’azienda deve essere pronta, in ogni circostanza, a liquidare il TFR maturato.

Un imprevisto che, per le piccole e medie imprese, può diventare un problema serio di gestione cassa.

Esiste anche l’opportunità che il lavoratore richieda un’anticipazione (ci sono senz’altro delle condizioni da rispettare tuttavia è un altro rischio per il cash flow aziendale)

Accantonamenti, rivalutazioni e obblighi nascosti

Gestire il TFR in azienda non è solo un rischio, è anche un costo.
Ogni anno bisogna accantonare il 7,41% della RAL del dipendente.

Questo è un impegno dal quale l’azienda non può esimersi ma, trattenerlo in azienda, significa che devi impegnarti anche nella rivalutazione del capitale stesso. Non solo: il capitale non resta fermo, ma va rivalutato obbligatoriamente secondo una formula che prevede un 1,5% fisso più un’aliquota variabile che corrisponde al 75% dell’inflazione ISTAT dell’anno precedente.

Con l’inflazione degli ultimi anni, questo obbligo si è trasformato in una spesa significativa.

Inoltre, per chi trattiene il TFR in azienda c’è anche l’obbligo di versare contributi al Fondo di Garanzia INPS, destinato a coprire i lavoratori delle imprese fallite. 
E per le aziende con più di 50 dipendenti? In questo caso il TFR non resta in azienda, ma confluisce nel Fondo Tesoreria INPS.

Ma attenzione: al momento della liquidazione, è comunque l’impresa a dover anticipare la somma e solo successivamente recuperarla dal Fondo (andando in compensazione con i nuovi versamenti). Un aggravio burocratico e gestionale che non semplifica la vita.

Misure compensative

Promuovere quindi che il TFR venga convogliato verso la previdenza complementare è un vantaggio non solo per il dipendente ma anche per l’azienda.

Qui di seguito troviamo i benefici fiscali (che chiameremo misure compensative) per quelle aziende che adottano questa scelta.

  • Nessuna rivalutazione obbligatoria del TFR
    Se il TFR viene spostato all’esterno, l’azienda non sarà più chiamata alla rivalutazione della somma.
    Responsabile di questa attività sarà il fondo scelto dal dipendente e degli investimenti sottostanti

  • Maggiore deducibilità dal reddito d’impresa
    Il TFR rappresenta un costo completamente deducibile tuttavia se destinato ad una posizione di previdenza complementare, l’azienda può ottenere una deduzione del 104%;
    se invece la tua azienda conta meno di 50 dipendenti, potrai dedurre il 106%

  • Esonero dal versamento al Fondo di Garanzia INPS
    Abbiamo appreso anche che per ciascun dipendente, l’azienda che trattiene il TFR in azienda, è chiamata a versare un contributo al Fondo di Garanzia nella misura dello 0,2% per ciascun dipendente (impiegato/operaio/quadro) e dello 0,4% per tutti i dirigenti della retribuzione imponibile.
    Laddove il TFR venisse destinato ad una forma di previdenza complementare esterna, questo contributo non sarebbe più dovuto.

  • Riduzione degli oneri impropri
    Sono tutti quegli oneri afferenti ai contributi di malattia/maternità o, ancora, a contributi per la Cassa Integrazione ovvero per l’assicurazione della NASpI.

 

Conclusione 

In definitiva, mantenere il TFR in azienda significa caricarsi di costi fissi, rischi di liquidità e vincoli burocratici.

Promuovere la previdenza complementare, invece, significa trasformare un problema in un’opportunità: l’azienda risparmia e si libera di un peso, mentre i dipendenti mettono a frutto il loro TFR in una forma di risparmio previdenziale che li accompagnerà fino alla pensione, godendo anche in questo caso di interessanti vantaggi fiscali.

In altre parole: se stai ancora trattenendo il TFR dei tuoi dipendenti in azienda, stai perdendo un sacco di soldi.

Il TFR è davvero una risorsa per l’azienda o un peso che limita la tua libertà?
Forse è il momento di guardarlo da un’altra prospettiva: quella che tutela i tuoi dipendenti e rafforza la solidità della tua impresa.
Contatta Simona al +39 339 727 2644 o scrivi una mail a info@labussolaassicurativa.it per un confronto.


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Simona Volpi, consulente per la pianificazione assicurativa

Sono la penna dietro “La Bussola Assicurativa”; ho deciso di creare questo blog perché durante il mio percorso professionale mi sono accorta di quanta poca informazione ci sia in termini di assicurazioni e pianificazione finanziaria. Mi sono accorta della confusione negli strumenti da utilizzare per i diversi obiettivi che ci poniamo e penso che sia solo attraverso l’informazione che si possa accorciare la distanza tra quello che desideriamo e quello di cui abbiamo bisogno.

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